Laura Licata: “Scrivere è quell’isola felice in cui mi rifugio”
Troppo spesso la cultura si rivolge ai giovani senza coinvolgerli davvero. Laura Licata – scrittrice, lettrice vorace e anima della community “Una marea di libri” – ci ricorda che la letteratura può ancora essere un ponte tra le generazioni. Autrice premiata e madre di tre figli, vive la scrittura come un rifugio e una missione: raccontare l’amore e quel desiderio di andare oltre l’orizzonte che appartiene a chi nasce su un’isola. Ma è soprattutto nella sua visione chiara, appassionata e senza snobismi, che si accende un invito urgente: creare spazi per i giovani lettori, dove anche il romance, il fantasy, e le storie con il lieto fine siano benvenuti.
Partiamo dalla tua isola: quanto la Sicilia entra nei tuoi racconti, anche quando non la nomini?
Tutti i miei romanzi sono ambientati in Sicilia. Sfido a trovare altrove una terra più bella di questa. I miei personaggi, poi, hanno tutte le sfaccettature e il folclore siculo e non solo… Chi vive in un’isola, nasce col desiderio di vedere cosa c’è oltre l’orizzonte, così i miei protagonisti superano i propri limiti e hanno il coraggio di rischiare per raggiungere la felicità. Nel muoversi verso l’ignoto, però, non sono mai soli, hanno sempre il sostegno di familiari e amici.
Sei moglie, madre di tre figli, lettrice accanita e scrittrice premiata. Dove trovi l’energia per scrivere?
Con carta e penna in mano riesco a mettere in pausa preoccupazioni e pensieri negativi, per far spazio alle storie. Nella mia mente i personaggi parlano e agiscono in piena libertà. Sogno con loro, per loro e mi immedesimo così tanto nelle loro vicissitudini da sentir poi l’esigenza di metterle nero su bianco. Scrivere è quell’isola felice in cui mi rifugio.
Hai vinto tre concorsi letterari nazionali. Cosa ti hanno lasciato queste vittorie, al di là del riconoscimento?
Partecipo ai concorsi per mettere alla prova la mia scrittura. Tante volte ho avuto la tentazione di appendere la penna al chiodo. Ma quando esperti del settore editoriale giudicano meritevole di un premio un mio racconto, quel riconoscimento è uno stimolo in più per continuare su questa strada.
Il tuo primo romanzo si intitola Tutta colpa di un caffè. Ce lo racconti in una frase che non sta in quarta di copertina?
La libertà senza l’amore è amara come un espresso senza zucchero.
Qual è l’emozione più forte che hai provato da quando il tuo primo romanzo è uscito?
La stessa emozione del dottor Frankenstein quando la sua Creatura ha preso vita: un miscuglio di meraviglia e terrore. Meraviglia nel poter toccare con mano una storia prima immaginata, poi scritta con impegno e dedizione. Terrore nel sottoporre quella storia al giudizio del pubblico, che può trattarla con rispetto o bistrattarla.
Sul tuo profilo Instagram @una_marea_di_libri racconti il mondo dei libri con passione e dedizione. Quando è nata questa community?
Una marea di libri è il mio alter ego da più di due anni ormai. La pagina è nata dall’esigenza di condividere con gli altri le mie impressioni sui romanzi letti. Nel tempo, però, la pagina è diventata il mezzo per conoscere altri autori e blogger e creare con loro legami importanti. Instagram è anche una continua fonte di opportunità, una vera e propria rete dove, se si è fortunati, si possono trovare persone con cui confrontarsi e sostenersi a vicenda.
La passione per la letteratura, il cinema, la storia, l’arte… sembrano mondi diversi, eppure convivono in te. In che modo si parlano quando scrivi?
Credo che la letteratura sia un connubio di tutte le forme d’arte. Quando immagino le scene, dipingo un quadro, non con colori e pennelli, ma con le parole. Costruisco i dialoghi in modo da imprimere loro un ritmo musicale. Il mood delle mie storie, poi, si ispira alle commedie romantiche anni Novanta/Duemila, quelle in grado di mettere di buon umore anche nelle giornate più difficili.
Secondo te, perché il romance viene ancora spesso considerato un genere “minore” rispetto ad altri?
I romance hanno un linguaggio semplice e diretto e sono caratterizzati dal lieto fine. A detta dei critici più spietati, i capolavori, per essere tali, devono avere un linguaggio complesso e narrare di storie reali e tragiche, non importa siano essi dei polpettoni illeggibili. Per me non esiste alcuna distinzione tra generi di serie A e di serie B. L’unica distinzione plausibile è quella tra testi di qualità e testi scadenti. Il resto dipende dal proprio gusto personale. Penso sia molto più difficile scrivere storie d’amore senza sfociare nella banalità e nella volgarità, piuttosto che storie strappalacrime. Forse ai grandi letterati piace soffrire, e gli piace ancor di più far la guerra alle autrici romance.
Ad Agrigento esistono già iniziative culturali pensate per i giovani, o c’è ancora molto lavoro da fare in questa direzione?
Questo è un tasto dolente. I giovani della provincia leggono poco o nulla. Non esistono dei posti di ritrovo dove quei pochi appassionati possono riunirsi per confrontarsi sulle loro letture. Anche i libri proposti a scuola sono testi lontani dal loro mondo, come sono lontani quelli proposti nei vari eventi culturali della zona, infatti l’età media degli spettatori alle presentazioni è molto alta. Da mesi mi frulla in testa un’idea per far provare ai giovani il piacere della lettura e spero di poterla concretizzare al più presto. L’élite culturale agrigentina non ha ancora compreso che, per far ripartire questa città, occorre promuovere delle iniziative volte ai giovani, anche a costo di incoraggiare la lettura di romanzi considerati di serie B, come i fantasy o i romance.
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